BACCALÀ: CURIOSITÀ, STORIA E CLASSIFICAZIONI
Guida al baccalà: curiosità, storia e classificazioni
- Baccalà e stoccafisso: differenze
- Caratteristiche e situazione nel mondo
- Evoluzione della produzione del baccalà
- Storia e ricette
- Classificazioni tecniche del baccalà
Baccalà e stoccafisso: differenze
Faide agguerrite tra chi lo chiama stoccafisso e chi baccalà.
Evitiamole subito chiarendo che baccalà e stoccafisso non sono la stessa cosa, ma sì, c’è un motivo che giustifica questa confusione. Capiamolo insieme scoprendo la storia, le curiosità e le sue classificazioni.
Prima di tutto entrambi derivano dal merluzzo nordico che deve essere delle specie gadus morhua e gadus macrocephalus, il cosiddetto baccalà nobile.
Nonostante questo si differenziano nella preparazione e conservazione. Il baccalà si pulisce subito, si conserva sotto sale e si gira almeno una volta alla settimana per 3 settimane per far sì che la salagione sia uniforme e che il pesce perda tutta l’acqua interna. Lo stoccafisso invece si appende alle rastrelliere e si lascia essiccare all’aria e al sole per circa 3 mesi per poi rimanere altri 3 in un ambiente chiuso, secco e ventilato.
Dopo entrambe queste lavorazioni è necessario ammollare il merluzzo in acqua per poterlo consumare, nella prima per perdere il sale e nella seconda per ammorbidirsi.
Ulteriore livello di difficoltà? In Veneto lo stoccafisso si chiama “bacalà”, confondendo così tutto il resto d’Italia. Per non parlare delle regioni nelle quali si chiama “pesce stocco”, come in Calabria e Campania.
Caratteristiche e situazione nel mondo
Tra i maggiori produttori di merluzzo al mondo nel 2009 trovavamo sul podio l’Islanda al primo posto con 23.000 tonnellate all’anno, al secondo la Norvegia con 21.000 e in terza posizione la Groenlandia con 9.000. I dati non devono essere poi variati molto da allora, infatti tra i migliori prodotti ittici troviamo proprio quelli del nord-ovest della Norvegia, in particolare delle Isole Lofoten, situate nel Circolo Polare Artico, classificate come “ZONA FAO 27”. Determinati fattori del clima e dell’ambiente artico permettono la migrazione nei primi mesi dell’anno della specie Gadus morhua – che arriva per depositare le uova – e rendono il merluzzo pescato in queste acque di una qualità superba.
Questo pesce atlantico è tra i più consumati al mondo, anche grazie alle sue svariate qualità:
– Alto grado di nutrizione;
– Povero di grassi “cattivi” e di calorie;
– Ricco di grassi “buoni” (omega-3), minerali e proteine ad alto valore biologico;
– Contiene vitamine e lisina (amminoacido essenziale per il nostro organismo).
Generalmente, a livello estetico si riconosce per la pelle grigia che sfuma nel verde diventando bianca nella zona addominale, la carne bianca nel caso del macrocephalus e color paglia per il gadus morhua che è anche caratterizzato da una riga bianca con in mezzo una riga nera sul fianco.
L’Italia spicca tra i principali mercati in termini di consumo di baccalà norvegese, in particolare dello stoccafisso, accompagnata a braccetto dal vicino Portogallo. In base a una ricerca di mercato i consumatori – anche quelli più giovani – apprezzano la facilità di reperibilità di questo prodotto, la trasparenza nell’origine e la facilità di preparazione. Negli ultimi anni infatti l’importazione di baccalà dalla Norvegia è aumentata esponenzialmente. Nella cucina italiana è una star, reminiscenza dei mercanti che in passato, tra i primi, lo importarono dalla Norvegia.
Precisamente fu Pietro Querini, nobile veneziano al comando di una nave da commercio, a portarlo per primo in Italia all’inizio del XVI secolo. Al ritorno dall’isola di Creta, a causa di una forte tempesta Querini si trova in Norvegia, naufrago. Qui scopre la tradizione gastronomica di questo territorio: il merluzzo essiccato, lo “stockfiss”. Porterà la sua nuova sapienza in Italia, dove però solo più tardi inizierà l’importazione di questa materia prima deliziosa. Di questo ne parliamo poco più giù.
Evoluzione della produzione del baccalà
Oggi le regioni italiane nelle quali il merluzzo viene più usato in cucina sono Veneto, Liguria Campania, Calabria e Sicilia, ma anche zone come Ancona e Livorno lo inseriscono in alcuni piatti della tradizione. Generalmente nell’Italia del nord si preferisce il tipo di stoccafisso più magro e sottile mentre nelle altre quello più robusto e pieno.
Abbiamo visto come la Norvegia sia tra i maggiori produttori di merluzzo al mondo. Negli anni questa produzione è cambiata, ovviamente, virando verso una maggiore sostenibilità e attenzione alla qualità del prodotto che garantisca la salvaguardia della materia prima ma anche la sua produzione continua, in maniera naturale. L’industria ittica norvegese ha quindi lavorato per liberarsi della “pesca libera”, inserendo una regolamentazione e un rigido protocollo, oltre a instaurare un sistema di tracciabilità lungo tutta la filiera alimentare: dalla pesca al consumatore finale.
Nonostante il processo di produzione si sia modernizzato si può dire che il prodotto finale sia sempre lo stesso, non è cambiato. Il sale in cui viene immerso lo stoccafisso ha ancora il compito di estrarre l’acqua e i liquidi rimasti nel pesce durante un lungo periodo di “maturazione” che rende le sue qualità nutrizionali più concentrate.
A differenza dello stoccafisso, il baccalà mantiene invece una parte di umidità, si può considerare tale quando il livello dell’acqua nel pesce essiccato non scende al di sotto del 48%.
Storia e ricette
Come abbiamo anticipato poco prima in Italia lo stoccafisso arrivò invece con i mercanti veneziani, ma la sua esportazione iniziò dopo, più precisamente intorno alla metà del 1500. Fu quando la Riforma Tridentina impose l’obbligo di astinenza dalla carne per 200 giorni. Questo pesce – essendo magro, versatile, facilmente conservabile e meno costoso del pesce fresco – diventa uno degli alimenti principali della dieta della popolazione più povera che inizia a cucinarlo a modo suo, insieme al pane e alla polenta a cui spesso ancora si accompagna. Per lungo tempo è stato l’opzione migliore anche per le occasioni in cui le limitazioni religiose impedivano il consumo di carne come il periodo della Quaresima o della Vigilia di Natale.
Fu poi il cuoco Bartolomeo Scappi, chef di Pio V, a inserirlo per primo in un ricettario nel 1570, elevandolo a piatto tradizionale della cucina italiana. Il Cinquecento fu infatti poi denominato “il secolo d’oro del pesce”.
Le preparazioni venete più lunghe sono destinate al “bacalà alla vicentina” che dopo un periodo di ammollo viene cotto lentamente con cipolla, sardine, alici e aringhe, e al mantecato che viene invece cotto nel latte e poi montato con olio, aglio e pepe. Per la difesa e la diffusione del secondo è nata a Vicenza la Confraternita del Baccalà Mantecato.
Ormai si può preparare in tutti i modi, sposandosi a diverse cotture: al forno, bollito, fritto e in umido. Insomma, niente male per un pesce considerato legnoso e stopposo al naturale.
Classificazioni tecniche del baccalà
La qualità dei merluzzi varia soprattutto in base alla grandezza (che determina prima e seconda scelta con diverse sottocategorie), all’aspetto e alla lavorazione.
Il baccalà nobile ha un prezzo abbastanza elevato, per questo al suo posto a volte viene usato il pollak, il brosme, il ling o la molva, che hanno caratteristiche morfologiche totalmente differenti e quindi anche sapore differente ma costano meno.
Le classificazioni più comuni del baccalà sono le seguenti:
– Ragno: vale a dire pescato e lavorato nelle isole Lofoten, si tratta di un pesce magro e senza difetti, lungo più di 60cm e dal colore brillante e molto costoso;
– Westre Magro – WM: tipo sottile e magro senza la minima polposità, dal colore brillante. Si trova in tre diverse dimensioni che vanno dai 40 cm agli 80 cm;
– Westre Demi Magro – WDM: ha le stesse qualità del WM, ma è normalmente un po’ piu’ polposo sui lati del dorso. Si trova in due diverse dimensioni: 60/80 cm e 50/60 cm;
– Grand Premier – GP: è un tipo particolare di stoccafisso più lungo di 60 cm che ha un colore brillante e che si puo’ definire come un tipo di Bremese meno polposo;
– Bremese – BR e Olandese – HO: polposi;
– Westre Corrente – WC: polposo, robusto e di colore brillante;
– Westre Ancona – WA: stoccafisso con le stesse caratteristiche e qualità del Westre Corrente e Westre Demi Magro, ma più polposo.
Tra gli altri troviamo anche: Lub, Westre Piccolo – WP, Westre Piccolo Piccolo – WPP, Italiano Grande – IG, Italiano Grande Magro – IGM, Italiano Medio – IM, Italiano Medio Magro – IMM e Italiano Piccolo – IP.
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